La classifica delle scuole? Lupi travestiti da agnelli

La valutazione delle scuole superiori fatta dalla Fondazione Agnelli suscita sempre molto interesse ma anche diverse critiche.
Certamente c’è la buona volontà di trovare dei criteri oggettivi per dare un giudizio sulle scuole superiori, cercando di smascherare quelle che, di fatto, si qualificano per essere semplicemente dei “diplomifici” dando una scarsa preparazione agli studenti. C’è dietro un lavoro immane e ben fatto per trovare un criterio di valutazione oggettiva delle scuole. Il problema è che è una valutazione “parziale”, che non considera gli aspetti educativi della scuola stessa. 
Per la Fondazione Agnelli una scuola si misura solo sull’andamento all’università, in particolare al primo anno. Ma chi l’ha detto che lo “scopo” della scuola è l’Università? Non è forse la possibilità di uno studente di “stare in piedi” da solo nella vita? Non è forse la capacità di comprendere il senso dell’esistenza e di viverla positivamente? Perché un giovane che ha avuto una cultura umanistica e va a lavorare è un fallito?


Ma andiamo con ordine. Prima di tutto le scuole vengono classificate in base alla loro posizione geografica e quindi al loro possibile “bacino di utenza”. Già qui ci sarebbe da che dire visto che esistono scuole a Milano che, pur essendo in centro, hanno la maggioranza degli studenti che provengono dalla periferia cittadina lungo la linee della Metropolitana. Così scuole popolari vengono classificate alla stregua delle scuole costose che accolgono solo un certo tipo di utenza. Si parte dal presupposto che le cosiddette “scuole private” si facciano tutte pagare profumatamente, cosa che, per fortuna, non è assolutamente vero.
Dicevamo che si guardano dei criteri oggettivi di valutazione, ma non si considera minimamente come si sia giunti a quei risultati. Quanti studenti hanno abbandonato? Quanti di quelli partiti in prima sono stati scartati? Viene in mente quella “cultura dello scarto” di cui parla spesso Papa Francesco… 


Per essere ai primi posti della classifica occorre avere risultati positivi all’università. Per farlo potrebbe essere anche semplice: basterebbe mandare via gli studenti che hanno delle difficoltà e tenere soltanto i “bravi”. Ma questo sarebbe l’opposto del senso di una scuola. 
La Fondazione Agnelli non considera minimamente se un ragazzo è felice e umanamente realizzato. Nulla si dice della gioia e della soddisfazione degli alunni stessi nel vivere la scuola non nell’angoscia o nella competizione, ma nella gioia e nel gusto dello studio e della sapienza. Interessa solo il “prodotto” per far rendere le imprese. 
Considerando poi i risultati del primo anno di università, si penalizza chi all’Università non si iscrive e chi cambia facoltà. Anche questo è un criterio oggettivo per un liceo, ma anche qui non si tiene in considerazione il perché di queste scelte. Ci sono scuole dalle quali ogni anno si diplomano studenti che scelgono di impegnare la loro vita in un servizio attivo agli ultimi (campi profughi, servizio civile internazionale, campi missionari, eccetera), e queste scuole sono evidentemente penalizzate. Pesantemente. E proprio a causa degli studenti “migliori” dal punto di vista educativo e vocazionale!


Nulla poi si dice della qualità dei docenti, la cui capacità si dovrebbe dimostrare nell’essere “bravi con tutti e bravissimi coi meno bravi”. O della loro formazione. O della loro passione educativa. E neppure si parla del coinvolgimento educativo delle famiglie.
Infine, un danno incredibile viene fatto alle scuole “piccole”, dove escono pochi studenti, valutando come appartenenti alla scuola i diplomati della scuola stessa, privatisti compresi! Questi non hanno fatto il percorso educativo della scuola in cui sostengono la maturità, ma vengono mandati dal Provveditorato. Se una scuola li rifiuta perde la parità. Ora, se una scuola (come il Montini) ha 20 diplomati e 4 “privatisti”, è chiaro che il giudizio è “falsato” del 20 %!!! Diversa è invece l’incidenza di 4 privatisti a fronte di 100 diplomati!


Per queste ragioni, pur apprezzando l’impegno e il tentativo di essere obiettivi nella valutazione, il giudizio non può che essere negativo nei confronti delle classifiche stilate. O meglio: parziale. Paradossalmente, i criteri di giudizio della Fondazione Agnelli sono anche quei criteri che dovremmo ritenere diseducativi per i nostri giovani, perché non prendono in considerazione il punto di partenza di ciascuno, perché non guardano la serietà della preparazione che passa attraverso voti non regalati ma conquistati con la fatica dello studio, perché non considerano la dimensione educativa, ma solo le competenze cui la scuola abilita, perché privilegiano la “cultura dello scarto” per poter essere “i migliori”, perché generano scuole selettive e discriminanti…


In questo modo dando credito e inseguendo questi criteri di giudizio si rischia di non valorizzare le finalità che una scuola dovrebbe mettere al centro: la dimensione educativa. Parafrasando il Vangelo si potrebbe dire, esagerando un po’, che “si presentano come agnelli, ma dentro sono lupi rapaci”. E questo pur apprezzando il tentativo di valutazione oggettiva che si è cercato di fare.
Don Paolo Zago

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