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5x1000 al Montini

LA NOTTE RESPIRA LA SUA LUCE

Spunti di meditazione sulla soglia del nuovo anno di scuola

 

Oh

tu luce

tu calore

Signore della vita

sorgente di esistenza

fiamma che non muore

alimenta in noi la gioia e la passione

di cercare nutrimento nell’amore

e di offrirne l’alimento ad altri cuori.

Accompagna il sentiero di noi tutti

nell’impegno dei rapporti che viviamo.

Ogni fremito di vita che doniamo

il respiro ed il calore che accogliamo

ci sospingano a cantarti e ringraziarti

grati e forti della gioia che ci dona

riconoscerci così amati

e custoditi.

Amen

 

Luce e buio. La notte respira la sua luce. L’innominato in Manzoni: regaliamo i capp. XX-XXIV dei Promessi sposi.

 

Il bimbo è creatura della vicinanza, l’adolescente ringhia per casa come creatura della lontananza: ha bisogno di staccarsi dai genitori per adempiere al compito più difficile: far nascere se stesso (S. Rossi, Lezioni d’amore per un figlio. Accompagnare i ragazzi nei labirinti dell’adolescenza, 24).

L’adolescente è un esploratore: le quattro isole del sé, dell’amicizia, dell’amore, del desiderio. Luci e ombre dell’esplorazione: risposta al prepotente richiamo (cfr. Darwin), paura di non farcela, di non essere all’altezza, di deludere.

Apprensione degli adulti per l’adolescente: ansia per la sua fragilità, tentazione di una protezione smodata.

 

  1. Adolescenza, luci ed ombre di un’età complessa

“Non è per niente facile e a volte è impossibile restare, almeno relativamente, calmi, tanto più se le azioni intraprese non hanno funzionato. Per le madri, ma molto spesso anche per i padri, non è tollerabile rimanere fermi. Non si può osservare la catastrofe senza fare niente, assistere alla crisi dell’ex bambino prodigio, comunque intelligente e capace fino a poco tempo addietro di utilizzare adeguatamente le risorse cognitive, affettive e relazionali necessarie alla crescita e al raggiungimento del successo personale e sociale. È questo il momento in cui si decide di ricorrere agli specialisti dell’adolescenza.

I genitori di Giulia hanno provato in tutti i modi a capire il perché dei comportamenti della figlia che, dai quattordici anni in poi, si è trasformata, da solare e allegra, in una ragazza chiusa, inibita, con una strettissima cerchia di relazioni con le coetanee. Ora, alle soglie dei sedici anni, Giulia ha una sola amica che, peraltro, è stata sua compagna già alle elementari. Pur cavandosela a scuola, la ragazza non è riuscita in alcun modo a costruire nuove relazioni e trascorre i pomeriggi nella sua stanza, tra i libri e il letto, dove l’altro giorno la madre, entrata all’improvviso, l’ha trovata con gli occhi gonfi di lacrime. Investita dalle domande materne, Giulia non ha aperto bocca se non per ripetere una delle frasi più drammatiche per qualsiasi genitore: «Faccio schifo, sono una fallita, gli altri mi sembrano meglio di me!».

Tutto è iniziato con le scuole superiori, ma entrambe sanno che cambiare scuola non avrebbe senso perché non risolverebbe granché. Così la madre, dopo essersi accordata con il padre, mi anticipa via mail la richiesta di un colloquio:

Buongiorno dottore, mi chiamo Silvia, sono la madre di una bellissima ma tristissima ragazza di sedici anni, di nome Giulia. Io e mio marito siamo molto preoccupati. Io, in particolare, non so più come aiutarla. Giulia è sempre a casa, non ha amici e non parla con nessuno neanche sui social network come invece fanno le sue compagne di classe. L’altro giorno l’ho trovata in lacrime e non è certo la prima volta che succede. Non si stima, non si piace, si trova brutta – eppure a me sembra bellissima -, forse è troppo sensibile. Adesso ho anche paura che si faccia del male. Possiamo incontrarci il prima possibile? Vederla così mi fa stare troppo male, non so più cosa fare. Mentre prima sentivo di poterla comunque aiutare, ora non più. Anche mio marito, che di solito banalizza dicendo che è l’adolescenza e di aspettare che prima o poi passerà, questa volta è molto preoccupato.” (M. Lancini, Abbiamo bisogno di genitori autorevoli. Aiutare gli adolescenti a diventare adulti”, Mondadori, Milano 2020, 33-34)

 

Giulia si sente chiamare dal vasto mondo là fuori, ma ha il terrore di non saperlo affrontare. È chiamata a una nuova nascita, a venir fuori dal bozzolo.

“Quello che il bruco chiama fine del mondo, il mondo lo chiama farfalla”.

In molti modi si manifesta l’angoscia di non essere all’altezza el compito di nascere, di esplorare la vita che chiama:

l’autolesionista cerca di rispondere all’angoscia di non riuscire ferendosi, così da non sentire quell’angoscia;

l’hikiomori elabora la strategia di nascondersi in soffitta, al riparo dagli occhi giudicanti del mondo;

il culturista ossessivo e l’anoressica si rifugiano nell’esercizio di fare dle proprio corpo un idolo su cui ossessivamente ripiegarsi

Giulia, più semplicemente, si ritira sulla soglia del mondo, in camera sua, in un cerchio ristrettissimo di amicizie, cercando le risorse, se mai le abbia, per affrontare il grande viaggio. Sta facendo i conti con la domanda: ce la faccio? Ce la posso fare? E con l’ansia che ne deriva.

Elaborare strategie per affrontare il viaggio. Occorre creatività. Occorrono compagni di viaggio, un equipaggio di valore.

 

“In famiglia, la creatività del bambino è guardata con molto meno sospetto rispetto a quella dell’adolescente, epoca nella quale è più facilmente associata a un’eccessiva originalità, a tratti di personalità naïf o a fannulloni perditempo. Ricordo ancora l’intervento del padre di Mario che, in occasione di un colloquio in cui io e la madre constatavamo la creatività delle soluzioni individuate dal ragazzo per far fronte alle proprie difficoltà relazionali e scolastiche, sbottò deciso: «Ma che creatività e creatività... La verità è che non ha voglia di fare niente, anzi, mi scusi, ma non fa proprio un c…o di niente... cosa è? un artista? L’artista del far niente! Perde solo tempo davanti allo smartphone e al computer. La creatività non ti dà da mangiare. Lo dica pure dottore: nostro figlio è fuori di testa, cioè creativo, appunto!»

Mario, invece, aveva individuato soluzioni innovative per rendere meno doloroso il distacco dagli amici dell’infanzia, avvenuto in modo traumatico a seguito dell’improvviso trasferimento della famiglia a Milano, per esigenze lavorative del padre. Sradicato dal suo contesto di crescita a quattordici anni, appena concluse le scuole medie, Mario affrontava il primo anno delle superiori in un noto e severo liceo scientifico della città. L’inserimento in una realtà molto diversa da quella della cittadina di origine non era semplice per lui, ragazzo intelligente e inibito, costretto a confrontarsi socialmente e scolasticamente, nell’attuale scuola della popolarità e della competizione, in una classe abitata da ragazze ben più scaltre di lui e da ragazzi ben più abituati di lui a valorizzarsi, anche durante le interrogazioni.

Senza l’accompagnamento né il sostegno di un amico, si era trovato a far fronte alle esigenti richieste degli insegnanti e a quelle ancor più pretenziose provenienti dalla popolazione dei coetanei.

Attraverso WhatsApp, Mario si teneva in stretto contatto con gli amici di un tempo, con i quali condivideva la quotidianità, sentendosi meno solo e ricevendo conforto e suggerimenti, mentre attraverso le battaglie in rete di Minecraft e League of Legends entrava in relazione con nuovi interlocutori, tra cui un coetaneo di Bologna diventato oggi suo grande amico, e lavorava simbolicamente sulla forza del proprio corpo maschile. Smartphone e computer rappresentavano una palestra sociale, dispositivi virtuali attraverso i quali Mario poteva sperimentarsi, allenare e sviluppare nuove competenze relazionali e corporee, che a breve sarebbero diventate spendibili nella realtà quotidiana.

Il ragazzo trascorreva i pomeriggi in solitudine, nella sua camera, ancora indecisa negli arredi che oscillavano tra l’infanzia appena conclusa, che spingeva sul versante «cameretta», e un’adolescenza appena avviata, che promuoveva nuove affissioni e scelte più decise. Quando non gli risultava chiaro un concetto, un’espressione o un passaggio di qualsiasi materia di studio, si collegava attraverso il pc a Oilproject, un sito che si presenta così: «La scuola che non c’era, gratis, online, per tutti. Migliaia di video, testi ed esercizi per Superiori e Università». Una piattaforma per lo studio online inventata, ormai diversi anni addietro, da un quattordicenne come Mario che, dopo un lungo periodo di sperimentazione, ha creato nel 2012 quella che secondo la stampa è attualmente la più grande scuola in rete d’Italia.

Attraverso queste decisioni, sostenute nello spazio della consultazione psicologica con il ragazzo, e successivamente anche dalla madre e dallo stesso padre del ragazzo […], Mario, l’adolescente ‘sradicato’, è riuscito ad affrontare la crisi evolutiva, senza ritirarsi nel dolore. Concluso il primo anno del liceo senza ricorso a lezioni private e con un debito, Mario ha studiato lo stretto necessario per superare la prova di fine estate, e ora, pur con il dolore che ogni sradicamento lascia, sta affrontando in modo più che soddisfacente il secondo anno, all’interno di quella stessa scuola che continua intelligentemente a criticare, ma della quale sente di far parte. Le ragazze, per ora, sono ancora distanti, ma la conquista dell’altro e la costruzione di una coppia sono, si sa, tra i compiti più complicati, non solo in adolescenza”” (ibid., 50-52)

 

 

  1. Elaborare strategie

Preghiera

 

“E fu vinta da un tale affanno, che desiderò di morire. Ma in quel momento si rammentò che poteva almen pregare, e insieme con quel pensiero, le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza […] e, di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata.[…] I sensi affaticati da tanta guerra s’assopirono a poco a poco in quell’acquietamento di pensieri; e finalmente, già vicino a giorno, col nome della protettrice tronco fra le labbra, Lucia s’addormentò d’un sonno perfetto e continuo” (A. Manzoni, I promessi sposi, XXI)

 

La diciassettenne Lucia elabora la sua strategia di sopravvivenza al naufragio: si mette nelle mani del Dio vivente, sfoga al suo cospetto la sua angoscia. Mette in parole la sua sofferenza.

L’innominato dovrà imparare a farlo.

Cfr. John Merrick, The elephant man (dottor Treves)

Non un modo per fuggire alle proprie responsabilità, ma per raccogliersi nella consapevolezza che “non dipende tutto solo da me”: forze più grandi sono allopera nel mondo (dice Gandalf al piccolo Frodo)

 

Consapevolezza che la luce è lo sfondo dell’ombra

 

“Il paese sembrava pieno di scricchiolii, di scalpitii e di fruscii, ma non si udivano voci né passi. Sopra l’Ephel Duah, a occidente, il cielo della notte era ancora pallido. E lì Sam, sbirciando tra i lembi di nuvole che sovrastavano l’Ephel Duath, vide una stella bianca scintillare all’improvviso. Lo splendore gli penetrò nell’anima, e la speranza nacque di nuovo in lui. Come un limpido e freddo baleno passò nella sua mente il pensiero che l’Ombra non era in fin dei conti che una piccola cosa passeggera: al di là di essa vi erano eterna luce e splendida bellezza. […] Ora, per un attimo, il suo destino e persino quello del suo padrone smisero di tormentarlo. Tornò strisciando tra i rovi e si sdraiò accanto a Frodo, e dimenticando ogni timore si lasciò cadere in un profondo sonno tranquillo” (J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli)

 

La vita non è una fregatura. Il buio è un passaggio nel grande romanzo della luce.

Tentazione dei tempi di buio: “è sempre stato così, sarà sempre così”. Il buio come un serpente, che ti ipnotizza per ingoiarti.

Il serpente di Gen 3: la vita ti fregherà.

La voce del Creatore: mettiti nelle mie mani!

Cfr. Giobbe

 

“Ricordo, quando ero ad Oxford, di aver detto a un amico — passeggiando per gli stretti viali di Magdalen frequentati da canori uccellini, una mattina del giugno precedente alla mia laurea, — di avergli detto che volevo assaggiare i frutti di tutti gli alberi del giardino del mondo, e che sarei andato per il mondo con quella passione nell'anima. E cosí è stato, e in questo modo sono vissuto. Il mio unico errore fu di limitarmi esclusivamente agli alberi di quello che mi sembrava il lato soleggiato del giardino, evitando il lato opposto a causa dell'ombra e dell'oscurità. Il fallimento, la vergogna, la povertà, il dolore, la disperazione, la sofferenza, anche le lacrime, le parole rotte che lo strazio ci strappa di bocca, il rimorso che ci fa camminare sulle spine, la coscienza che condanna, il tormento che si copre il capo di cenere, l'angoscia che si veste di sacco e versa il fiele nella propria bevanda: di tutte queste cose io avevo paura. E poiché ero deciso a non conoscerle, fui costretto ad assaggiarle tutte l'una dopo l'altra, anzi, per un certo tempo, a non avere altro cibo. Nemmeno per un attimo mi pento di esser vissuto per il piacere. L'ho fatto fino in fondo, come si dovrebbe fare fino in fondo tutto ciò che si fa. Non vi fu piacere che io non provassi. Gettai la perla della mia anima in una coppa di vino; scesi il sentiero fiorito accompagnandomi con la musica dei flauti; vissi dei favi del miele. Ma continuare cosí sarebbe stato un errore, perché avrebbe costituito un limite. Dovevo passare oltre. Anche l'altra metà del giardino mi riserbava i suoi segreti. Tutto ciò, naturalmente, è adombrato e prefigurato nella mia arte. Ce n'è qualcosa nel Principe Felice… (O. Wilde, De Profundis, 76-77)

 

Fierezza di poter essere di aiuto

 

Una candela accesa li aspettava dietro la porta della fattoria. Per un po’ aveva brillato solo per se stessa. Una candela solitaria è quasi come una persona, un’anima abbandonata al dubbio, che inaspettatamente si trasforma quando qualcuno si avvicina, quando non è più sola. Così anche quella candela. Come i tre uomini entrarono dalla porta, lei non fu più sola e abbandonata, a un tratto aveva un servizio da rendere, un compito da assolvere” (G. Gunnarsson, Il pastore d’Islanda)

 

Val Formazza ed Assisi: la scoperta di avere forza fisica e passione per il lavoro ben fatto

Cottolengo a Bogliasco: scoperta di saper stare nella relazione con gli ospiti, la loro diversità, la loro fragilità psichica; le risorse di simpatia e tenerezza da poter mettere in gioco, spesso rimaste inespresse nella vita ordinaria

Palermo, quartiere Zen: la scoperta di sapersi mettere in gioco nel rapporto con i bimbi e gli adolescenti in contesto degradato; la scoperta di appassionarsi alla vicenda di uomini e donne che hanno saputo affrontare a testa alta la cultura mafiosa, anche ad altissimo prezzo (Peppino Impastato, don Puglisi).

Il fortissimo senso della giustizia dell’adolescente. Come lo/la aiutiamo a coltivarlo?

 

Christian Di Domenico: un adolescente refrattario alle figure e alla pratica religiosa, che incontra in qualche modo un prete capace di destare i suoi interrogativi, il suo senso di giustizia, che interpella le sue risorse di coraggio e determinazione a fare qualcosa.

 

“Sono profondamente commossa: sono arrivata a cento anni dopo una vita vissuta con gioia, un premio che pochi hanno avuto. Non immaginavo di arrivare a questa età, ma questo forse è il mio segreto: il totale disinteresse per la mia persona e l’interesse verso il mondo. Quando ero giovane volevo andare come Albert Schweitzer a curare i lebbrosi in Africa. Non ho potuto realizzare questo desiderio ma alla fine della mia vita, nell’ultima tappa che è quella attuale, realizzo il sogno di venire in aiuto delle popolazioni che abbiamo sfruttato dal tempo della schiavitù. Aiutare gli altri è l’unico motivo per cui ho lavorato. Ho avuto fortuna, non penso merito, ma solo fortuna. […] Ai giovani auguro la stessa fortuna che mi ha condotto a disinteressarmi della mia persona, ma ad avere sempre una grande attenzione nei confronti di tutto ciò che mi circonda, a tutto quanto il mondo della scienza, senza trascurare i valori della società. Oggi alla gioventù presente posso dire che l’unico segreto che trasmetto è: mai pensare alla nostra persona, ma vedere il mondo intorno a noi, pensare alla stupenda bellezza della natura e dell’uomo. Non ho segreti, posso consigliare soltanto di essere felici di essere vivi e di poter essere d’aiuto agli altri.” (Rita Levi Montalcini)

 

  1. Quali risorse mio figlio/a sta mettendo in atto per rispondere all’appello della vita a nascere alla vita non più bambina? Ad attraversare la soglia della vita nuova?

 

  1. Se potessi chiedere alla vita/al Dio vivente un dono per mio figlio/a, quale chiederei?

E lui/lei chiederebbe lo stesso dono?

 

  1. Quali sono i miei sentimenti di fronte ai tentativi di mio figlio? Quali i sentimenti prevalenti? Fiducia, paura, frustrazione, rabbia… Tutti saranno più o meno presenti, ma quale prevalente in questo tempo?
Data
Intro
Spunti di meditazione sulla soglia del nuovo anno di scuola
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Come sapete la nostra scuola, unica in Italia, si regge sulla “libera contribuzione secondo coscienza” da parte delle famiglie. L’unico contributo che ci giunge dallo Stato è legato al 5x1000 dell’Irpef, che è destinato agli enti che operano senza scopo di lucro. E’ un vero aiuto che ci viene offerto, per continuare l’opera educativa che da 43 anni il Liceo “G. B. Montini” va svolgendo.

Di conseguenza invitiamo voi, e quanti voi conoscete, a destinare il proprio 5x1000 alla nostra cooperativa educativa e didattica, sapendo che ciò non comporta un aggravio economico per voi.

In questi anni tale contributo ci ha consentito di essere sempre più attenti ai ceti meno abbienti (e, dunque, di essere sempre di più una scuola per tutti), di mettere a disposizione delle famiglie e degli studenti risorse materiali ed umane più adeguate ad una “didattica educativa” attenta alle esigenze della persona. Vi ringraziamo per ciò che, attraverso questa strada che la legge dello Stato ci consente, riuscirete a fare per il sostegno della nostra scuola.

Il codice da indicare è 03546070156

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